I gatti secondo una leggenda buddista: simbolo di spiritualità ed illuminazione
Quando un gatto fissa immobile un punto, forse sta creando una poesia. O sta scoprendo un varco nell’universo. O sta aspettando la venuta di un angelo. (Fabrizio Caramagna)
I gatti, creature meravigliose e dall’eleganza ultraterrena. Da sempre animali ritenuti simbolo delle divinità. La loro fierezza, così simile a quella delle tigri, viene ammirata dall’alba dei tempi. Trattati con rispetto e, perché no, persino timore nelle antiche religioni, venivano considerati come i guardiani delle anime nel cammino verso l’aldilà. Proprio il buddismo possiede una di queste incredibili leggende.
Sapete che le statue di Budda vengono spesso rappresentate con un gatto accovacciato ai suoi piedi? Non è bene chiara la motivazione, forse l’amore per i gatti per i riposini in luoghi dove si sentono protetti e al sicuro oppure, molto più probabile, dobbiamo cercare le radici di questa curiosità nel “buddismo theravanda”, ovvero, la scuola degli anziani.
Da questa “scuola” ha origine il “Libro delle poesie e del gatto” nel quale viene narrata una pratica usata, presumibilmente, dai buddisti.
Quando qualcuno moriva, al suo fianco nella cripta, veniva posto un gatto. All’interno della cripta vi era una fessura dalla quale il gatto poteva uscire liberamente. Se il felino se ne andava si poteva essere certi che l’anima del defunto si fosse rincarnata al suo interno. Questo stava a significare che, la persona, aveva raggiunto il grado più alto della spiritualità mentre era in vita.
Ma perché viene scelto il gatto come animale? I buddisti considerano il gatto come un essere illuminato che riesce a trasmettere tranquillità ed armonia. Dei veri e propri maestri zen con la coda.
I gatti nelle altre culture
Se parliamo di gatti come figure sacre non possiamo non menzionare la loro importanza nell’antico Egitto. I gatti vennero considerati come creature divine per oltre 30 secoli ed erano rappresentati dalla dea Bastet, protettrice della fertilità, della maternità e della vita domestica.
Simbolo di grazia e benevolenza, godeva degli stessi diritti funerari del padrone, in quanto veniva mummificato e sepolto assieme a lui. I loro corpi venivano quindi offerti alle dee Bastet oppure Iside.
Una piccola curiosità, a Bubasti vi era un santuario dedicato alla dea Bastet, tempio, secondo Erodoto, di dimensioni considerevoli. Ogni anno, il culto legato ai gatti, faceva affluire migliaia di fedeli.
I gatti sono presenti altresì nella mitologia nordica. La dea Freya, protettrice dell’amore e della bellezza, aveva come animale simbolo proprio il gatto.
Gatti neri: una sciocca superstizione
Ma i gatti non sono sempre stati divinizzati. Ci furono periodi, soprattutto nel medioevo, in cui questi poveri animali vennero cacciati e torturati. Considerati, soprattutto quelli neri, come servi di Satana e compagni delle streghe, subirono una mattanza incredibilmente cruenta. Pensate che fu una bolla papale di Papa Gregorio IX a dichiarare la “malvagità” di questi felini. Incredibile vero?
I gatti sono, in realtà, degli animali incredibilmente curiosi ed intelligenti. Amano le coccole, dormire e sentirsi protetti. Potrebbero diventare i vostri migliori amici ma non sarete mai i loro padroni. I gatti non hanno padroni ma solo loro pari e potranno darvi fiducia, compagnia e amore incondizionato se solo saprete meritarvelo.
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